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Laplante Myriam
Elisir
L’arte, come la magia, la chimica, è capace di provocare negli individui alterazioni della percezione psico-sensoriale, conducendo a visioni altre, spesso sovversive, talvolta estatiche. Miryam Laplante, porta lo spettatore ad una riflessione che segue un doppio binario, quello più sottile, della relazione tra arte e scienza, in merito alla loro funzione sociale, quello icastico di una riflessione sul corpo umano, sulla natura come materia o al suo rapporto con la società, con l’autorità. Introducendo lo spettatore nei meandri di un immaginifico laboratorio di ricerca, Volume! si trasforma, in luogo di sperimentazione, fanno bella mostra strani esseri sotto campane di vetro, alambicchi, bollitori fumanti e teste in formaldeide; ciò che si testa è l’Elisir, siero vivificante, assunto attraverso cannucce da piccoli esseri zoomorfi che sembrano provenire dall’immaginario Borgesiano, mentre, a testimoniare il fallimento della pozione, le loro facce si scarnificano irreversibilmente. Ad aprire la mostra, una performance messa in atto dall’artista, spiega le connotazioni dell’alchimista che, sopravvissuto ad un esperimento, in seguito all’uccisione del suo gemello parassita, opera nell’intento di soggiogare gli esseri che crea, destinati paradossalmente ad una lenta distruzione. Attraverso un paradosso scenico, l’artista affronta una serrata critica ai metodi della globalizzazione, alle egemonie culturali e politiche, alle modificazioni genetiche e a qualsiasi negazione di libertà.