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Gallo Giuseppe
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Ci sono concetti che nell’apparente leggibilità preservano il proprio alone di mistero dichiarando, implicitamente, l’impossibilità di arrivare al fondo delle cose, alla loro verità ultima. È questa una prerogativa dell’arte che continua ad esporsi quale verità velata, a concedersi agli occhi di tutti senza rivelarsi una volta per tutte. Su questa direzione Giuseppe Gallo ha impostato il suo intervento a Volume!, non a caso titolandolo Opinioni, in cui il suo parere sull’arte si fa materia pittorica e reimpostazione architettonica. Un’idea personale che si articola in una serie di tele, tutte di contenute dimensioni, collocate lungo le pareti ad un’altezza che le rende facilmente fruibili da lontano ma scomode da visionare a distanza ravvicinata. Leggibile/illeggibile è l’ambiguo binomio su cui è determinata l’esposizione, giocata su un ritmo articolato e sostenuto dall’architettura che, seppur non intaccata in maniera invasiva, è stata piegata alla necessità concettuale di Gallo. Luci ed archi reiterati che non fanno altro che emulare la successione ripetuta dei quadri incassati nei muri come se ne facessero parte da sempre. Il tutto si dà in un percorso in apparenza semplice, culminante nell’ultima sala con l’esposizione di un elemento delle sue pitture materializzato in un moderno ed improbabile idolo zoomorfo, che dietro la sua leggibilità nasconde l’impossibilità di districare le parole dell’artista, sapientemente celate dietro un codice criptato che solo il suo artefice può sciogliere. Architettura e pittura sono nuovamente unite nel vano tentativo di afferrare e dare consistenza ad idee sfuggenti anche alla consueta logica discorsiva, ancora una volta legate in un connubio da cui non potranno che derivare tanti altri Perché? senza risposta.