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Galindo Regina Josè
Cepo
Regina Josè Galindo per la sua azione performativa, trova congeniale negli spazi di VOLUME! non tanto il valore espositivo del luogo, quanto l’accidentale legame di esso con il vicino carcere di Regina Coeli. Nessuna modifica, nessun consistente intervento. Questa volta l’atrio della Fondazione fa semplicemente spazio, al suo centro, ad un rudimentale ceppo, a cui per cinque ore consecutive l’artista si costringe all’immobilità ed all’isolamento forzato, divenendo singola e spiazzante proiezione della struttura carceraria, della sua sottile struggente significazione. Regina annoda concettualmente al luogo il suo intervento, mettendo in atto un’azione di denuncia politica sociale, servendosi dello spazio quanto del suo corpo liberato della sua individualità e offerto agli astanti quale corpo preindividuale, oggettivizzato in un’entità giuridicamente inclassificabile, ridotto a pura forma di vita, alla contingenza del corpo o a quella della pelle. Spazio minimo della memoria, frammento che visualizza e riattualizza l’oltraggiosa strategia di un controllo sociale che, soprattutto nella complessa politica della sua terra, il Guatemala, mortifica ed offende la dignità dell’essere umano privandolo del bene primario, la libertà. Il luogo, l’azione artistica innescano un angoscioso meccanismo, che riporta al presente l’assurda e drammatica ripetizione della macchia della storia, e gridandone l’assurdità, denuncia l’urgenza di una vera politica della libertà individuale.