2006

De Meo Carlo

De Meo Carlo

Un percorso all’interno di una realtà immaginifica, quella proposta da Carlo De Meo, per gli spazi di VOLUME! fatta di oggetti quotidiani, accumulati, rielaborati, rimpiccioliti dal tempo e dalla memoria, che fluttuano all’interno di tempi e spazi personali, “sono pensieri per-versi”, come recita una frase scritta a matita fra un muro e una colonna, così che nella lettura, si possa giocare simultaneamente con la prospettiva e col senso, elemento simbolico, della poetica dell’artista, della sua Demeocrazia. Si inizia con una visione spazialmente traslata di una casa vuota, senza soffitto a senza tramezzi, col pavimento costruito sulla parete laterale della stanza, da cui un omino, che sembra essersi generato dal pavimento, avendone la stessa pelle, guarda perplesso, mani in tasca, in seguito, visioni speculari ingannano lo spettatore, la scala oltre la quale ci si ferma, davanti ad uno specchio che non esiste, suggerendo una sensazione di “tilt”, parola scritta con le piastrelle in una nicchia dello spazio; simbologia di quel grande paradosso che è la realtà, ben resa dall’omino nero dagli occhi azzurri, che t’osserva da una fossa di catrame o da quello che nudo, risale faticosamente il fiume di cemento, dopo esser sbucato dall’oscuro condotto della vita o del senso. In fondo allo spazio espositivo, il grande wall painting site specific, che aiuta la visione speculare prodotta dallo specchio immaginario oltre la scala, realizzato per accumulazione “infinita” di forme e colori.

  • Mostra: Democrazia
  • Anno: 2006
  • Curatore: Fondazione VOLUME!

De Oliveira Graciela - González Palma

De Oliveira Graciela - González Palma

L’episodio sacro dell’Annunciazione nell’intervento di Luis Gonzàles Palma e Graciela de Oliveira assume la consistenza di un percorso riflessivo attorno al tema della coppia. Il soggetto di matrice storico-religioso è depurato dall’alone mistico per essere calato nel presente, schiudendo interrogativi riguardo al progetto di condivisione e di continuazione di due persone in un figlio. “Jerarquìas de intimidad (la anunciacion)”, senza ricorrere a variazioni irreversibili, utilizza lo spazio per ricreare una parentesi irreale ma congeniale al complesso dialogo che i due artisti creano a quattro mani. Utilizzando ognuno i rispettivi mezzi espressivi, illustrando la personale visione in un confronto dialettico modulato nello spazio. Il percorso si apre con i tondi fotografici di Gonzales Palma, che ritraggono le antiche gestualità dell’Angelo e della Madonna di noti dipinti rinascimentali, disposti creando un nuovo rapporto comunicativo. Ne segue un’espressività mimica che Graciela de Oliveira utilizza nel filmato muto in cui è interprete di un messaggio criptato. Gli iniziali input si riversano nella seconda installazione video, in cui la lenta successione di immagini e di domande, rimanda all’attesa di un arrivo. Dal mito religioso alla necessità del presente, nell’ultima sala, due sedie vuote, accostate ad un tavolo illuminato dal basso, prospettano l’annunciazione quale possibilità di scoperta dell’altro quanto della propria essenza.

  • Mostra: Jerarquìas de intimidad (la anunciacion)
  • Anno: 2006
  • Curatore: Irma Arestizabal

Favelli Flavio

Favelli Flavio

I ricordi sono l’insieme di immagini inconsistenti, senza precisa collocazione, diversamente dalla memoria che è il luogo di fatti e vicende passate, la rete su cui la nostra identità si struttura. Da quest’ultima, Flavio Favelli parte mettendo in scena, nel suo lavoro Vermut Hall a VOLUME!, un non-luogo, uno spazio mentale abitato da oggetti apparentemente comuni, in parte inverosimili, che partecipano alla costruzione di una memoria che può riguardare chiunque. Nell’inusuale percorso, arredi démodé sono ingranaggi che, con l’ambiente circostante, azionano un meccanismo di rimembranze concentrate in uno spazio senza coordinate storiche, in cui ognuno può ritrovare un tassello, apparentemente perduto, del proprio vissuto. Favelli libera gli oggetti dalla originaria funzione per consegnargli, in relazione con il resto, una autonomia simbolica prossima ad un valore surreale. È un percorso in cui l’ambiente è medium che l’artista piega alle proprie necessità concettuali sacrificando, e momentaneamente tacendo, l’identità del luogo. L’intervento pur non essendo invasivo per la struttura di VOLUME! ne ha comunque annullato le precedenti stratificazioni con un’evidente operazione di maquillage. Favelli ha creato, dunque, una fusione totale tra oggetti e spazio, un congegno al contempo bilanciato in cui nessun elemento prevarica sull’altro ma insieme interagiscono per creare ed innescare una mappa infinita di tante identità, di tanti passati.

  • Mostra: Vermut Hall
  • Anno: 2006
  • Curatore: Raffaele Gavarro

González Palma - De Oliveria Graciela

González Palma - De Oliveria Graciela

L’episodio sacro dell’Annunciazione nell’intervento di Luis Gonzàles Palma e Graciela de Oliveira assume la consistenza di un percorso riflessivo attorno al tema della coppia. Il soggetto di matrice storico-religioso è depurato dall’alone mistico per essere calato nel presente, schiudendo interrogativi riguardo al progetto di condivisione e di continuazione di due persone in un figlio. “Jerarquìas de intimidad (la anunciacion)”, senza ricorrere a variazioni irreversibili, utilizza lo spazio per ricreare una parentesi irreale ma congeniale al complesso dialogo che i due artisti creano a quattro mani. Utilizzando ognuno i rispettivi mezzi espressivi, illustrando la personale visione in un confronto dialettico modulato nello spazio. Il percorso si apre con i tondi fotografici di Gonzales Palma, che ritraggono le antiche gestualità dell’Angelo e della Madonna di noti dipinti rinascimentali, disposti creando un nuovo rapporto comunicativo. Ne segue un’espressività mimica che Graciela de Oliveira utilizza nel filmato muto in cui è interprete di un messaggio criptato. Gli iniziali input si riversano nella seconda installazione video, in cui la lenta successione di immagini e di domande, rimanda all’attesa di un arrivo. Dal mito religioso alla necessità del presente, nell’ultima sala, due sedie vuote, accostate ad un tavolo illuminato dal basso, prospettano l’annunciazione quale possibilità di scoperta dell’altro quanto della propria essenza.

  • Mostra: Jerarquìas de intimidad (la anunciacion)
  • Anno: 2006
  • Curatore: Irma Arestizàbal

Oppenheim Dennis

Oppenheim Dennis

Figura chiave della Land Art, della Body Art e dell’Arte Concettuale degli anni 1960 e 1970, Dennis Oppenheim muove la sua ricerca artistica in un contesto di interdisciplinarità, descrivendo la sua opera come un processo di “meccanica mentale”, capace di far emergere le relazioni che intercorrono fra i sensi, lo spazio e la mente, verso un recupero della percezione sinestetica. Dagli Earthwork, ai lavori che si relazionano a luoghi pubblici, l’artista trasforma le sculture negli spazi stessi, facendo emergere relazioni sensoriali e spazi percettivi, dove fluorescenti tubi di acciaio, lampadine e resine, in analogia con le strutture elementari del cosmo, diventano elementi monolitici, che tautologicamente rappresentano la loro indipendenza, il loro valore. L’intervento con cui Oppheneim si relaziona a VOLUME! è una rivisitazione di tematiche affrontate in un suo precedente lavoro: WHIRLPOOL, opera messa in atto nell’estate del 1973, in California, dove un aereo che rilasciava idrogeno liquido, disegnava nell’aria un vortice di fumo bianco, l’occhio della tempesta. Nella stanza più grande di VOLUME!, il vortice è ora proposto in una riconfigurazione materiale, rilasciando il fumo prodotto dai camini di due piccole strutture abitative rovesciate sul pavimento e ad esso collegate; nel resto dello spazio espositivo, elementi luminosi occupano la parete, accompagnando il percorso. La visione proposta pone lo spettatore in orbita, spingendo l’immaginazione verso un’espansione territoriale.

  • Mostra: Senza Titolo
  • Anno: 2006
  • Curatore: Lóránd Hegyi

Pisani Vettor

Pisani Vettor

Con l’esposizione “Lady Madonna”, Vettor Pisani si serve dello spazio di VOLUME! per elaborare un discorso figurativo surreale-visionario. All’interno di esso articola e dispone eterogenei riferimenti a linguaggi simbolici presi in prestito dalla tradizione massonica, animista, popolare e religiosa, e combinandoli ne attua un’improbabile rielaborazione, congeniale ad una riflessione attorno alla cultura europea, a cui questi codici appartengono. Interviene sullo spazio espositivo senza invaderne l’impostazione originaria, ma attraverso lievi cambiamenti, offre all’osservatore un percorso di metafisica sospensione, apparentemente trasfigurato, in cui le immagini si offrono quali indizi di un enigma. Ne risulta una macchina espositiva il cui cuore è la performance della Madonna delle Sette Spade, l’immagine sacra più popolare in cui s’identifica la malinconia e il doppio simbolo di donna e madre sofferente, tramite tra cielo e terra. La figura è osannata secondo il cerimoniale consueto, azionando i diversi livelli di significazione dell’intera operazione artistica, che alludono sia ad una religiosità rituale dalla matrice antropologica, sia ad un senso filosofico-artistico della Madonna. In filigrana, l’artista mostra la religione quale momento di identità collettiva, ma mescolando sacro e Profano ne ricorda l’intreccio con la politica che troppo spesso scade nella strumentalizzazione di essa, rovesciandone il primitivo valore.

  • Mostra: Lady Madonna
  • Anno: 2006
  • Curatore: Angelo Capasso

Sierra Santiago

Sierra Santiago

L’arte non cambia uno stato di fatto, non ha alcuna finalità politica se non quella di prospettare le cose così come sono, concentrandole in immagini che ne registrano, talvolta, gli aspetti più cinici. Non si tratta di una regola incontrovertibile, quanto dell’opinione dell’artista Santiago Sierra, che dell’arte ha fatto un acuto strumento di denuncia depurato da qualsiasi coinvolgimento romantico-rivoluzionario. L’irrazionale economia capitalista, la politica e quanto appartiene al nostro innaturale sistema sociale sono gli argomenti di cui s’interessa e che prospetta all’osservatore con una spietata naturalezza. Foto, azioni performative o video sono annotazioni dell’artista sulle anomalie della realtà a cui siamo distrattamente assuefatti e imbrigliati. Sulla stessa linea l’azione performativa “Gli Anarchici”, messa in scena la notte di Natale presso la Fondazione VOLUME!, il cui spazio questa volta ha fatto da cassa di risonanza alle riflessioni di Sierra attorno ad ambigue contraddizioni radicate nelle nostre convinzioni, religiose o politiche che siano. Otto anarchici, mascherati e pagati, sono stati invitati ad ascoltare la messa di mezzanotte, mettendo faccia a faccia la chiesa, restia ad aprirsi al presente e ad abbandonare i secolari vantaggi, e l’utopica fede politica, addirittura adesso mercificata. Sacro e profano a confronto dunque, non per decretarne il migliore ma per smascherarne la rispettiva attuale inconsistenza ed inadeguatezza.

  • Mostra: Los Anarquistas
  • Anno: 2006
  • Curatore: Teresa Macrì