1999

Dessì Gianni

Dessì Gianni

Gianni Dessì, la cui motivazione artistica è da sempre caratterizzata dall’ansia indagatrice di tutte le possibilità, linguistiche e non della disciplina pittorica, realizza negli spazi di Volume! un operazione volta ad un ribaltamento percettivo; il suo lavoro si realizza attraverso tre interventi incentrati sull’utilizzo dei tre colori primari: giallo, rosso, azzurro, insieme a piccole intromissioni di altri materiali, come ferro, stoffa, fili, segni sottili che appaiono in posizioni centrate. Il primo di questi interventi, utilizza il giallo, colore che più caratterizza la cifra stilistica dell’artista ed è realizzato sulla grande porta a vetri dell’ingresso, il secondo, azzurro, abita la parete di destra della prima stanza, il terzo, chiude un passaggio ed estendendosi alla superficie calpestabile, crea, con un rosso squillante, un ambiente sospeso, una sorta di zona di decompressione, introducendo l’osservatore all’ultimo intervento, sulla parete frontale. Il passaggio dal volume alla bidimensionalità pittorica, spiazza l’osservatore ma nulla toglie alla profondità della visione; le stratificazioni del colore, le sovrapposizioni dei piani, le estensioni pittoriche creano un movimento libero ed armonico, tra il figurativo e il non-figurativo, diventando sconfinamenti del pensiero, divagazioni, all’interno di un movimento liberatorio, dove il supporto è l’elemento che permette lo sconfinamento stesso, nel liquefarsi del colore, della forma, del pensiero.

  • Mostra: Senza Titolo
  • Anno: 1999
  • Curatore: Daniela Lancioni

LeWitt Sol

LeWitt Sol

Sol LeWitt, all’interno di VOLUME! si è misurato con un’installazione tridimensionale e labirintica che ha coinvolto l’intero perimetro dello spazio espositivo. L’artista ha materializzato un’idea rendendola fruibile al visitatore, che si è aggirato tra i levigati muri lasciandosi guidare da essi. Simile ad un elementare ziggurat, fedele alle potenzialità ordinatrici del numero, l’installazione ha articolato l’ambiente con una serie di pareti, realizzate con blocchi di cemento bianco della misura standard dell’edilizia americana.

Il percorso, iniziato con un piccolo ingresso, si estende in un lungo tramezzo, per poi interrompersi a metà strada in un modulo trasversale di dimensioni ridotte, e per proseguire, quindi, in un indipendente cubo vuoto. Al termine del camminamento, la struttura ha assunto un’impostazione cruciforme con bracci degradanti in modo diverso verso il centro. L’organizzazione architettonica dello spazio è stata preservata dall’artista che, comunque, ha raggiunto con l’ambiente un’interazione di lieve fusione e differenziazione insieme, a cui ha contribuito l’altezza complessiva di un metro e sessanta. La misura, corrispondente al comune campo visivo, ha di fatto partecipato a restituire un intervento apparentemente incompiuto, non aggressivo e rispettoso dell’irregolarità dello spazio. Sol Le Witt ha dunque dimostrato un’ ipotesi di dialogo spaziale, il cui principio non è a livello costruttivo ma concettuale.

  • Mostra: Senza Titolo
  • Anno: 1999
  • Curatore: Mario Codognato e Bruno Corà

Savini Maurizio

Savini Maurizio

Maurizio Savini abita lo spazio espositivo, tramite un intervento che si realizza come un’esperienza polisensoriale; il suo lavoro si esprime, nell’originale utilizzo di una materia piuttosto insolita, la gomma americana, nello specifico, l’odoroso mattoncino dal caratteristico colore rosa, con il quale fabbrica meticolosamente i suoi oggetti, le sue creature fantastiche. Presenze ancestrali accolgono il fruitore tramite tracce ed odori non ancora consumati, come provenienti da uno spazio intimo della nostra coscienza, immagini e sensazioni richiamate con forza alla memoria da un movimento non controllabile. Al centro della sala grande è posta una piscina tonda, di piccole dimensioni, riempita di liquido rosa, proseguendo, quadrati di pavimento ritagliano piccoli scenari fantastici: un comodino sul quale poggia un enorme ed improbabile soprammobile di forma poliedrica, un alto sgabello, vicino al quale una bambina ha abbandonato le sue scarpette ed appeso al chiodo il suo cappello, un piccolo missile, collocato a ridosso di un angolo della struttura. Al centro della galleria, incastrata fra i due pilastri, una casa, realizzata come un elemento modulare, contenitore inesplorato ed inesplorabile di chissà quali visioni immaginifiche; per finire, o forse per cominciare, Savini riempie lo stretto corridoio ovale, di liquido rosa, come un magma primordiale, in cui i suoi giocattoli si fondono e in cui le idee prendono forma.

  • Mostra: Senza Titolo
  • Anno: 1999
  • Curatore: Lorenzo Benedetti