2003
Bulgini Alessandro
Sugli unici registri del bianco e del nero, della luce e dell’ombra senza possibilità di gradazione, è stata impostata l’installazione Hairetikos di Alessandro Bulgini presso VOLUME!. Con questo intervento “la visione del mondo” dell’artista si materializza in una netta bipartizione dello spazio, risultato di una quasi totale trasfigurazione dell’ambiente, necessaria a tradurre in esperienza vissuta il concetto dell’esposizione, giocato sull’idea di visibile e invisibile, di esterno ed interno. Il consueto ingresso è stato reinventato assumendo l’aspetto di una camera nobile rifinita nei suoi particolari ed illuminata dalla luce di un elegante lampadario, amplificata da quattro tubi al neon collocati strategicamente negli angoli della volta. Da questo punto, un’angusta soglia segna il repentino e traumatico passaggio da una condizione all’altra, da una situazione ambientale e concettuale chiara e determinata, ad una successiva immersa nel buio totale, assolutamente disorientante. All’interno di questa seconda sala, le cui pareti sono state interamente tinteggiate di nero, l’osservatore necessita il tempo per riabituare la propria pupilla e per prendere visione dei tre dipinti che Alessandro Bulgini ha collocato. L’essenza della ricerca pittorica di Bulgini, dei suoi misteriosi dipinti, si fa percorso che allude alla necessità di recuperare un tempo perduto e di prendere coscienza della verità, tale perché nell’oscurità, perché non svenduta come falsa evidenza.
- Mostra: Hairetikos
- Anno: 2003
- Curatore: Paola Magni
Garaicoa Carlos
Partendo da una volontà di decostruire l’agire cristallizzato, ironia e freschezza di pensiero sono le potenti armi comunicative con cui Carlos Garaicoa, artista cubano, mina il sistema dall’interno; è con questa prerogativa che occupa lo spazio di VOLUME! per innescare un messaggio di denuncia, contro le repressioni inferte da sempre all’arte, all’immaginazione e al pensiero da parte del potere costituito. L’artista propone un dialogo metaforico tra cinema ed architettura, dimostrando quanto la potenzialità comunicativa di queste arti, possa esser minata da una volontà di controllo sociale e quanto, la peculiare libertà espressiva, possa essere castrata o assoggettata, diventando strumento al servizio del potere, dinamica storicamente osservabile nelle malefatte dell’industria cinematografica e nella decadenza a cui sono destinate molte strutture architettoniche di rilevante valore culturale. Una carrellata di piccole lightbox incassate nelle pareti, ritraggono foto di cinema di L’Avana, alcuni dei quali in disuso o distrutti, accompagnando il percorso verso la grande stanza, al cui centro domina la maquette che riproduce minuziosamente una monumentale sala cinematografica, al cui interno, scorrono, su un piccolo schermo, i nomi dei registi e i titoli dei film censurati in Italia e a Cuba dagli anni quaranta ad oggi; questa la “carta a los censores”, questo il messaggio che l’artista destina alla coscienza collettiva.
- Mostra: Cartas a los censores (piccolo teatro dell’anarchia)
- Anno: 2003
- Curatore: Teresa Macrì
Gastini Marco
La forza del colore, da sola può trasformare un ambiente senza traumi invasivi, senza cambiarne l’ossatura essenziale. E’ il magico potere della pittura, dei suoi pigmenti, che possono interagire e insinuarsi nello spazio con silente slancio. Accade con il progetto di Gastini, che a VOLUME! ha messo in opera una compenetrazione spazio/colore con la calibrata collocazione delle sue opere. Grovigli metallici, vecchie tele su cui l’artista imprime il nuovo segno pittorico, sono moduli che si affacciano sullo spazio, penetrando l’etereo ed impercettibile volume. E’ una fusione cromatica, giocata sulle abituali tonalità dell’artista, che afferra lo spazio. Una vasta gamma di terre e gli azzurri si rincorrono ritmati e cadenzati dall’improvviso balenare di note di rosso. Con naturalezza le opere diventano parte integrante del luogo come se gli appartenessero da sempre. L’artista segna, così, l’interno di VOLUME! disponendo strategicamente le tracce del suo passaggio nei punti chiave dell’ambiente. Dissimulando la propria matericità, le opere si offrono leggere all’osservatore occupandone lo spazio, altre obbligano ad alzare lo sguardo per la loro sistemazione a mo’ di fregio. La ritmicità del percorso si assolutizza nell'ultima impronta di blu oltremare. Direttamente stesa sull’intonaco bianco, essa attua l’ultima possibile sinstesi. Afferra il vuoto con i suoi metallici tentacoli e, assorbendolo totalemente, lo restituisce in una magnetica ed intensa forma cromatica.
- Mostra: Senza Titolo
- Anno: 2003
- Curatore: Bruno Corà
Nicolai Olaf
Il cinema è un modo di far parlare la realtà, un tipo specifico di semiosi capace di disgelare i codici che essa presuppone, esprimendo un equilibrio instabile tra realtà, memoria e immaginazione, nella volontà di mantenere un’opacità e stimolare un insieme di scelte possibili, all’interno di differenti modalità espressive. Il lavoro di Olaf Nicolai crea, combinando varie tecniche espressive, un corto circuito che, agendo in modo intestino, va a rivelare le contraddizioni, le ambiguità e le potenzialità che il sistema porta con sé un’indagine problematica dunque, intorno al mondo globalizzato e globalizzante, che, non rispettando individualità e differenze, allarga l’intercapedine creatasi tra società e individuo. Nella realizzazione del progetto a VOLUME! Nicolai si ispira a uno dei film più discussi della storia del cinema, Un Chant d’Amour di Jean Genet; ricrea la scena clou del film, costruendo un muro di gesso che divide lo spazio in due aree e infilando nella parete una cannuccia, con cui i protagonisti del film, detenuti di un carcere, comunicavano, cercando una vicinanza fisica e psichica attraverso lo scambio del fumo della sigaretta. La relazione con il carcere di Regina Coeli, con cui la galleria confina è evidente, ne consegue il riferimento ad una vita che, “regolata da ordinanze”, mina la libertà individuale, come recita il frammento di Walter Benjamin, stampato sul poster che l’artista regala ai visitatori, così che nessuno possa sentirsi innocente.
- Mostra: Un Chant D’Amour
- Anno: 2003
- Curatore: Lorenzo Benedetti
Paris Marina
Qualsiasi esperienza conoscitiva è, per sua natura, totalizzante, così come qualsiasi esperienza ludica, presupponendo un percorso che parte da un’abnegazione delle proprie consapevolezze, delle strutture precostruite, in cui ci si abbandona per poi ritrovarsi. Il percorso, in cui Marina Paris accompagna chi si addentra negli spazi di VOLUME!, segue le interne dinamiche del gioco, introducendo lo spettatore all’interno di una realtà, fatta dalle tracce familiari dell’infanzia, in cui abbandonarsi; attraverso una trasposizione spaziale, porta un fuori nel dentro, ricreando un odoroso prato verde, abitato dalle voci del parco giochi, stimolando dunque, con una moltitudine di percezioni sensoriali, l’accesso ad uno spazio onirico, dove il rapporto tra realtà e immaginazione è costantemente in bilico. Ecco che, proseguendo nel percorso, questo smarrimento è disturbato dall’insinuarsi graduale di un suono periodico che, nella scansione di un tempo, ci riporta ad una coscienza temporale reale, divorandoci successivamente nell’immagine dell’ultima stanza, da cui il suono proviene; qui, un’altalena appesa al soffitto, ripete all’infinito un dondolio ossessivo, che lentamente sgretola l’intonaco del muro, scagliandosi contro di esso ad ogni oscillazione. Il gioco diventa ossessione, nella violenza della ripetizione, non permettendoci di ritrovare la strada della razionalità, gettandoci nell’incertezza del non riuscire a percepire la distanza tra sogno e realtà.
- Mostra: Parco
- Anno: 2003
- Curatore: Giacomo Zaza
Peris Jorge
Jorge Peris, trasforma gli spazi di VOLUME! in un ambiente coercitivo, tracciando un passaggio obbligato, posto sotto stretta sorveglianza, capace di trasformare il ruolo transitorio dello spettatore, in cavia da esperimento. L’installazione sviluppa una metafora che mette in relazione due realtà del nostro tempo: il censimento visivo, da una parte, di cui siamo tutti vittime, quello della civiltà dell’immagine, del controllo mediatico, di echelon, che pone la vita di ognuno alla mercè dell’immagine riprodotta e riproducibile, alla condizione carceraria, dall’altra, ai suoi metodi obsoleti ed anacronistici, diretto riferimento al carcere di Regina Coeli, limitrofo alla galleria. Attraverso una metaforica coercizione, l’artista vuol sollecitare il fruitore ad una riflessione, nella volontà di risvegliare la coscienza collettiva; l’immedesimazione è garantita dalla fisicità del rumore che rimbomba sui vetri di un corridoio, alla fine del quale, un video riproduce l’immagine di una stanza bianca ed asettica, le cui pareti crollano, una dopo l’altra, mentre il rumore diventa assordante. Quel che resta intatta, è la struttura di Volume!, simbolo forse, della posizione dell’arte, testimone morale di ciò che avviene, di meccanismi socio-politici spesso svilenti; a chiudere, chiave interpretativa del lavoro, uno scatto immortala chi esce, registrandone la trasformazione o semplicemente documentandone il passaggio, rendendolo inconsapevole protagonista dell’opera stessa.
- Mostra: Jorge Peris versus VOLUME!
- Anno: 2003
- Curatore: Lorenzo Benedetti
Pietrosanti Roberto
Alterazioni strutturali, trasfigurazioni totali o parziali hanno trasformato, nel corso del tempo, lo spazio di VOLUME! divenendo, nelle mani degli artisti, strumento congeniale al discorso oppure ostacolo da piegare. Roberto Pietrosanti per il suo intervento ha tenuto conto delle stratificazioni di questo ambiente, e senza invaderlo tutto, ne ha amplificato la storia e l’essenza, procedendo attraverso una rilettura, interpretazione diversa e rinnovata di esso. L’artista ha firmato la sua presenza con la costruzione, presso i due ingressi, di due soli muri di altezza media, crenado così due intercapedini percorribili solo da due visitatori per volta. L'interno di questo spazio minimo, l’artista ha disposto delle sfere metalliche dall’aspetto semplice e complesso, leggero e pesante che, sono apparse come compresse tra le due pareti. L’improbabile collocazione ha contribuito a definire un sistema di forze, un ostacolo alla continuazione del percorso che ha offerto l’opportunità di abbracciare lo spazio nella sua totalità, negandone la fisicità e la consueta idea di area delimitata dall’architettura. E’ in questo sistema di forze in continua opposizione e tensione la chiave di volta dell’intervento che ha costretto l’osservatore all’esterno, invitandolo con insistenza a guardare oltre quel bordo, a spaziare con lo sguardo sovrapponendo al ricordo di quel luogo la nuova esperienza immaginativa.
- Mostra: Senza Titolo
- Anno: 2003
- Curatore: Paola Magni